Forse a qualcuno parrà strano che in un sito di “controinformazione”, quale questo, a tutti gli effetti, è, vi sia una parte dedicata all’estetica ed, in particolare, alla poesia. Quello dell’estetica, al di là dei soliti e riduttivi luoghi comuni, è un problema la cui importanza, ai fini della ri-edificazione di una forma-pensiero deviante dall’attuale, è fondamentale.
Quello dell’estetica è il momento fondante di una qualsivoglia forma di civilizzazione, perchè incentrato sulla capacità di spalancare nuove dimensioni nell’immaginario collettivo.
Tale sollecitazione costituisce, indubbiamente, il propellente per la perpetuazione di specificità etno linguistiche, culturali ed identitarie in genere.
La poesia, in particolare, di questo processo costituisce il momento apicale, in quanto, con la sua “poiesis” riesce a cogliere ed a rappresentare l’Essere delle cose, nella loro immediatezza, proprio attraverso quel linguaggio “estatico” che la caratterizza.
La poesia, nel proprio vero e proprio ruolo di “fotografia dell’Essere”, diviene così, a detta di quanto affermano filosofi come Heidegger, l’unico linguaggio in grado di costituire un contraltare all’impetuoso avanzare di quella mortale sintesi tra Tecnica ed Economia che, alla base di questo modello di sviluppo “globale”, invalida e lascia senza senso, qualsiasi linguaggio ideologico e filosofico.
Poesia

PACE E GUERRA
Pace, cos’è la Pace?
Pace non ci piace perché è
silenzio nero pece….
Pace è depressione che deprime la mia azione…..
Pace è quel silenzio che
come il grigio assenzio tutto riduce
a vuoto cyberspazio
Pace è depressione
che conduce all’inazione
Pace è star sdraiato sul letto,
osservando il proprio fallo eretto…..
eretto come l’asse del mondo che chiassoso gli gira in tondo…..
immerso in quel tristo universo
che continua a farmi il verso
beffardo
mentre la depressione svolge silente
la sua nefanda azione
Pace è l’infinito che mi vede annullato
in una spiaggia di grigio silenzio,
bagnata da un mare di oscuro assenzio.
Guerra…..è il rumor dell’arme che scuote l’animo mio quieto come un verme
è l’ode alla follia che angusta arrovella l’anima mia
è l’inclito partire per un folle morire…...
Guerra……..è l’eterno divenire del nascere e morire
è l’allegro pugnare per il continuo affermare
l’immagine dell’Essere e il falso Divenire
la personalità contro l’inanità
Guerra….l’allegro bombardamento da cui
nasce il cambiamento
Guerra……è il fecondar con sangue tutto ciò che langue
Guerra……le lacrime e le risa lontane dalla resa
dell’essere immoto a tutto ciò che è ignoto
dell’io miserabile verso l’impenetrabile
Guerra…..tornare a casa stanco dopo questa contesa
buttarsi sul letto e osservare il proprio fallo eretto
come l’asse del mondo che chiassoso gli gira in tondo
ma poi eiecular forte nel ventre della morte
e cader silenti nel sonno più forte
MOTONIRVANA
Scivolando a due ruote su una strada nostrana
riscopro nel silenzio il MotoNirvana
tra il rombo di un motore e il luccicar di un mare
tra la vertigine di una discesa e la libidine di un’ascesa
a tutta velocità in sincronicità
con la sofferenza senza età di un’umanità
a cui mi sento indifferente
mentre lacrime e sudore si trasforman in niente
spazzate dal moto permanente
che tutto rende impermanente
in cui la pesantezza diviene leggerezza
il pieno materiale vuoto siderale
i panorami cambiano e i mondi si succedono
in cui rincorri il tutto ma poi raggiungi il niente
Io motociclista
come un solitario surfista scivolo impenitente
scoprendo silente una nuova frontiera
tra mari d’asfalto e onde in lamiera
E tu scarafaggio automobilista, piccolo figlio di puttana,
inchinati in silenzio davanti al MotoNirvana!
SESSO
vorrei farlo adesso
con la furia di un ossesso
Sesso la frenesia di possesso
è l’eterno desiderare di mai arrivare
a quel punto di non ritorno
in cui il piacere si leva di torno
e rimane la sensazione
di una fisica attrazione
senza soddisfazione al di fuori
di una mistica eiaculazione
fatta di corpo e fantasia
dove tra sospiri e desideri
vorresti volar via.........planando
tra le mosse pieghe del talamo silente
avvolgendo il corpo vibrante di una eterea amante
nelle spire del mistico serpente del piacere
dove tutto si può provare
ma nulla mantenere
fisso nel silenzio
assurdo dell’azione
dove il favellare si trasforma in fare
dove la goccia d’acqua diviene mare
dove il tutto si risolve nel nulla dell’amore
in cui il dolore è identico al piacere
ETERNO RITORNO
Disse il prode Eraclito “Tutto scorre eterno in perenne movimento”
Rispose allor Parmenide “Lo scorrere è illusione il Tutto è realtà, immobile
simbolo dell’ Eternità”
La vita è un perenne scorrere di illusorietà…
L’amor, l’armi, l’amici, il peregrinar curioso tra lande sconosciute
tutto scorre lavato dal divenir continuo dell’illusorietà
rimangono le lacrime e la provvisorietà
non più amor, non più guerra, non più amici, non più peregrinar
tra lande sconosciute
ma un mondo di rovine e grigia monotonia…
d’un tratto dietro a me con passo impercettibile appare Zarathustra
dal sorriso ineffabile
“Cogli con gioia-dice-il divenir perenne, gli eventi e il trasformarsi di un mondo
in movimento. Illudi l’illusione, rimani indifferente, accogli col sorriso le spire del serpente.
Il Tempo è senza Tempo poiché ti gira attorno, percorre la via dell’Eterno Ritorno.
L’amor, l’armi, l’amici, il peregrinar curioso tra lande sconosciute
Tutto ritorna figliuolo,
e il sole, e il cielo, e i colori, spazzando l’orizzonte dai monotoni grigiori
VIAGGIO IN ORIENTE
Ascolta lo spirar lontano
di un vento profano
che canta la canzone antica di quel mondo
che mi risveglia nel profondo lontano dalla grigia confusione e
dalla meccanica tensione vicino a Dei ora ammutoliti accanto a silenti Buddha inginocchiati
tra fronde e rovine sparpagliati
ieratici nei loro volti statici
mentre il divenir del mondo corre inverecondo nella sua cupa tristezza,
con un sorriso senza tempo dispensano una tenue allegrezza assieme alla
speranza che tanta sofferenza non è vana poiché tutto si risolve in un etereo Nirvana
grazie al quale l’infinito si può toccar con la punta di un dito come quello
stormir di fronde accompagnato dallo sbatter delle onde di un mare di un
azzurro senza fine
come l’oscuro crine di quella bella fanciulla
intenta a fare un’offerta a quella dea dietro la porta di un tempio senza
tempo da cui beffardo si leva il gracchiar sordo di un uccello scuro lì a
rimembrarci quanto il mondo sia duro
tra antichi mendicanti e nuovi postulanti
mentre senza soste la vita va avanti…….
DONNA SOLE
Accecante sei tu
o Donna sole
dal volto rotondo che simbolo fecondo
illumina di luce la trista immensità
Lontana dal clamore della modernità
sorgente perenne di sensualità
sfidi la vuota tecnica e l’illusorietà
pregna di bellezza e di semplicità
RITRATTO DI DONNA
Folle turbinar di capelli
che come marmorei orpelli riempiono il tuo volto di ineffabile beltà
Snodarsi sinuoso di un corpo voluttuoso
armonico succedersi di sensualità
grazioso supporto alla personalità
Fugaci carezze, lascivie velate, parole sfuggenti
appena accennate
Silente scorrere di personalità
maschere e volti di un’ eterea beltà
DIVA
Cantami o Musa la Diva inconoscibile dall’animo
insondabile
mistica ed imprendibile
come l’Eternità
Narrami o Musa la Kore fanciullina
matura e sensuale dea della cucina
Disvelami il mistero di quest’eterea bellezza
e di tanta vogliosa e sofferta tenerezza
concedimi o Musa
di poter toccar con mano
tale misterioso e sensuale arcano
pieno di amor sacro e selvaggio amor profano
E i tuoi capelli sconvolti dal vento schiaffeggiano il volto mio impudico…
ESPERIENZA ESTETICA1
Percorrere l’Aurelia antica senza far fatica…
lontani dal traffico che
osceno
insudicia la sacra Domenica
percorrere l’Aurelia nel mistico silenzio
che come una dose di assenzio
tutto rende pieno di bellezza e di nitore
lontano dal livore e dalla bruttezza
della quotidianità
assiso sul trattore in un’antica postura
il villico sfida la natura
giorno dopo giorno
impassibile
come il ciclista che mi passa accanto
immobile
nel suo aspro pedalare
antico
nel suo sudare
e nel suo girare un mondo
che oggi si risveglia giocondo
immerso nella libidine
dell’estiva solitudine
colline ridenti, alberi troneggianti
antichi lidi silenti
immersa nell’apatica malinconia
una famiglia
pian piano porta via il proprio osceno carico di
masserizie
che come un’assurda carovana di immondizie
procede traballante
nel silenzio trionfante
mentre un agile pennuto procede indomito
tra alberi e castelli
tra rocche abbandonate e spiagge affollate
lasciando corrusco l’antico padre etrusco
felice per tanta apatia
frutto di una giornata di estiva malinconia
ADDIO AL MILLENNIO
Come un fiume che silenzioso sfocia
nel nero mare
dell’Eternità
così tu, Vecchio Millennio
finisci
ebbro di irrazionale razionalità,
di lucida follia,
di sanguinario pacifismo,
ebbro di San Tommaso e della Scolastica
di Amor Sacro e Amor Profano
dello sguardo immoto di Cartesio
di Fraterne Uguaglianze condite
dal futuristico stridere e piegarsi dell’acciaio
ai tuoi immondi capricci,
ebbro per l’arsura provocata dall’usura,
che come un orrendo fungo atomico,
tutto ha reso deserto e tristo
ebbro come un vecchio indifferente all’umana disperazione,
senza esitazione procedi
sino ad annegarti
nel cupo Oceano del senza tempo
APEIRON
Infinita sostanza delle cose…
continuo svolgersi di eventi
eterna alchimia dell’Essere…
la mia mano che tocca i tuoi capelli…
perpetuo mulinare di particelle subatomiche…
le forme sinuose del tuo corpo allietano l’animo mio…
neutroni, elettroni, protoni in perenne e gaudioso tripudio…
ed il sorriso tuo
che tutto abbaglia
CREDO
Credo
alla perenne intersecazione delle differenti realtà…
Credo
alla continua collisione delle particelle atomiche…
Credo
che tutto sia il contrario di tutto…
Credo
alle parole di Eraclito l’oscuro…
Credo
allo scontro
unica, vera, molla dell’umana esistenza…
Credo
al gioioso fragore delle armi,
accompagnato da lucide masse d’acciaio in movimento…
Credo
al liberatorio innalzarsi al cielo del fungo atomico
simbolo di catarsi universale…
Credo
a Zurvan
tempo infinito senza tempo…
Credo
alla Realtà
una, immobile e misterica…
Credo
alla Follia
unico ed accettabile stato dell’animo umano…
Credo
al perpetuo moto del mare nel suo ciclico ricoprire il mondo,
vero momento di oblio delle perenni vicissitudini dell’Essere
AGROPONTINO
Verde pianura carica di estive rimembranze
tra sconfinati arenili, dune e promontori
tra miti senza tempo e battaglie sanguinose
sorriso ammaliatore di Circe la bugiarda
\ capelli sciolti al vento di una giovane bagnante
del cieco elleno Omero i versi seducenti
cullarsi in riva al mare col mitico Battisti
Ninfa la malinconica
ed allegri borghi di mare
malarici ricordi
che tutto attorno avvolgono
in una silente cappa di statica apatia…
CASTEL PORZIANO
Succedersi di dune e bagnanti rumorosi
conglomerarsi impudico di miseri capannni
luminescente snodo di auto incolonnate
impudico sfidare il silenzioso verde
di antiche costruzioni qua e là bucherellato
di Turno e di Lavinium retaggio violentato
SUL POETARE
Cantami, o Musa, del poetar cortese,
divino assemblar parole senza sforzi né contese
dell’esser belli ed intriganti
misterici e sfuggenti
canonici e pedanti
Cantami, o Musa, del poetar profondo,
dell’andar mostrando l’anima del mondo
dell’impercettibile scorrere dell’Essere
dello scortese imporsi del Grande Divenire
dell’Uomo e del suo animo il permutar profondo
del Logos ed il suo verbo
lo strutturar profondo l’essere del mondo
CANTO POSTMODERNO
Ascolta figliuolo, quel canto indefinibile
che come un torrentello sgorga inesauribile
da quello schermo immobile come l’Eternità.
Ascolta le connessioni, ascolta gli interfaccia,
ascolta degli individui l’ansioso darsi la caccia
Rimira l’informatico muoversi in cerca
di quel sicuro
approdo che è il motor di ricerca.
Presta attenzione ad e-mail, caselle, connessioni,
alimentate da tanti solerti elettroni
porta attenzione, rispetto e devozione
al silenzioso scorrere del rinnovato Essere
all’apparir virtuale del nuovo Divenire
al muoversi perenne di fili e di tastiere
all’animo misterico
dell’Essere informatico
PIOGGIA ROMANA
Sotto la pioggia
immobile
giace silente l’Urbe invincibile
prescelta vittima di malinconia
frutto di tanta
marmorea apatia
frutto del silenzioso scorrere dei secoli attraverso
lo snodarsi di ignoti vicoli
frutto
di piazze, ville, chiese barocche
a difesa di Roma ultime, eteree rocche
frutto del grigio incombere di una modernità
che per il vetusto Padre Tempo
non prova né riguardo né pietà
AVANGUARDIA
Quanto dolce m’è il proiettarmi avanti,
dell’eterno fluir delle cose attraversar l’aspri frangenti,
cullarsi tra gli eventi che come venti spirano
indomiti nel cosmo delle eventualità,
senza paura né ansia, con temerarietà.
E per incanto prendere,
dar concretezza al sogno
di plasmar con mano l’immensa eternità
spingendosi in avanti sull’onda dei venti,
creando nuovi mondi con somma voluttà.
Senza mai girarsi, né dar retta ad infausti richiami
arrivare a violar lidi lontani…
Perenne movimento, perenne godimento, perenne inveramento
di ferrea voluttà,
spinta in avanti oltre l’Eternità
VOLLI SEMPRE VOLLI
Volli sempre volli,
tutto provar del mondo
il leggiadro etere e l’abisso più profondo
il color più limpido e l’oscurità
rasentando indomito sideree immensità
il dolce ed il tenace,
il tenero e l’audace,
l’aspro ed il pugnace
senza continuità
lasciando solo spazio alla mia voluttà
quieta ed instancabile
nella perennità.
AVANGUARDIA2
Quanto caro m’è il navigar nel mondo
appuntando tosto lo sguardo nel profondo
Quanto caro m’è il costruir un mondo
andando a stimolare il mio animo nel fondo
Quanto caro m’è far dell’intero mondo lo specchio
voluttuoso del mio animo giocondo
…sino a far dell’Eternità un laborioso capriccio di creatività…
SUBLIMINALE
O Sublimine al limite del crimine
Spinta all’esistenza piena di voluttuosa indifferenza
Carica libidica di energia elettrostatica
Cumuli emotivi di propositi lascivi
Antiche ansietà cariche di genitalità
Edipica tolleranza all’odio ed all’amore
ricevuto a piene mani senza alcun rancore…
DIALOGO CON UN'OMBRA
Sempre cara mi fu quest’erma ombra
più vicina e più lontana molto più di quel che sembra
aspra e indefinibile
prossima e irraggiungibile
fedele ma imprendibile
muta compagna di vita vissuta
stanco proiettare un verace agitare
silente soffrire il chiassosso divenire
parte integrante dell’essere dell’arte
muta antagonista di un’esistenza trista
pregna di Antimateria
sensuale ninfa Egeria
DIVA
Cantami o Musa la Diva inconoscibile dall’animo
insondabile
mistica ed imprendibile
come l’Eternità
Narrami o Musa la Kore fanciullina
matura e sensuale dea della cucina
Disvelami il mistero di quest’eterea bellezza
e di tanta vogliosa e sofferta tenerezza
concedimi o Musa
di poter toccar con mano
tale misterioso e sensuale arcano
pieno di amor sacro e selvaggio amor profano
E i tuoi capelli sconvolti dal vento schiaffeggiano il volto mio impudico…
ELLENICA
Nuotando silente nell’azzurro mare greco
sento sulla pelle il senso dell’antico
ascolto l’archetipo succedersi di eventi
narrato dall’incessante soffiar dei mille venti…
osservo il volto di antichi padri e di belleze invitte,
immuni da dolori e da cocenti sconfitte
fermi
nel riconfermar beffardi al greve scorrer della temporalità
il proprio impudico messaggio di beltà
DESERTO
Frusciar di sabbie penetrante
/nel caldo opprimente
vado scoprendo la mia doppia natura in cerca di frescura
ma
affascinata dalla tetra arsura
dal quieto ondeggiare di un cammello apprendo a gustar del bello che
attorno a me si stende
spaziando irriverente sull’onda del niente.
Il tremolar dell’orizzonte mi proietta su un lago inesistente
mentre
un oceano di dune si stende a perdifiato, lascito di un antico mar pietrificato.
Al calar del Sole inclito mi sdraio sfinito sotto la volta del Padre Cielo Infinito
L’anima mia rimane imbelle
ad osservar
le divine stelle che s’alternano
con fare giocoso per l’aere spazioso
cercando di indicar alle formiche umane
la miglior via per le cose mondane.
M’addormo mentre il Divo Silenzio corre a perdifiato
per lo spazio deserto all’infinito.
ODE AL SINCROTRONE
Triste eravam
tante particelle
nere, bianche, rosse e gialle
tristi neutroni, biechi elettroni, gagliardi gluoni, viscidi muoni
qua e là andavamo per il mondo con un far poco giocondo
serioso ed operoso
intenti ad edificar pian piano il mondo…
difficile era corteggiar una gagliarda gluona,
o prender per isposa una splendida elettrona.
Seguir toccava il gioco della parte
In cui il povero elettrone non aveva né arte né parte
Aduso ad obbedir alla trista logica della seriosa Madre Fisica
Piegar egli si dovea alla ferrea necessità
che
di questo mondo fa tanta beltà…
Ma un giorno a qualcuno venne l’idea balzana di edificar
una cosa strana
un marchingegno di maraviglia che tutto confonde
in un allegro parapiglia
Correr ora si può in tutta libertà
cavalcando l’ali di Madonna Velocità
corteggiar e concupir ora si può
particelle
tra le più luminose e le più belle
Splendide gluoncelle, allegre neutroncelle, provocanti muoncelle
son tutte lì come ancelle
pronte
a scoppiar d’amore tra le braccia di altre aitanti particelle
Ma in mezzo a tante combriccole d’allegre particole
tra tanto gabbar la vecchia Madre Fisica
ecco preparata un’insalata di atomica portata
Neutroni, elettroni, gluoni, muoni, protoni ed altri signori
dagli strani nomi
ecco ora si prendono per mano
e sembrano dirci “famolo strano”
Famolo come non lo abbiamo mai fatto,
con un bel botto ad effetto
come quando il Grande Architetto
con una trovata ad effetto
creò questo mondo tutto
prendendo per mano Madonna Antimateria
…ma quella fu però una cosa seria…
RITRATTO ALL'ANTIMATERIA
Mi guardo allo specchio…
in mezzo a tanta confusione, a tanto mulinar di particelle
in mezzo a tanto ardore atomico
osservo il mio essere silente e catatonico
ascolto il continuo mulinar di particelle che fanno
e disfano
le cose più brutte e le cose più belle
indifferente al correre impietoso di un Tempo imperioso
infilato in un ridente mare di galassie
in un brulicar di stelle, meteore e comete che vagano
silenti e senza mete
stabilite da regole definite
Ascolto il Caos profondo che viene dall’animo di un mondo
immerso nella trama di un Essere che è anche Divenire
Guardo e ascolto materia e antimateria
penetrarsi indifferenti in mezzo al mulinar dei mille venti
di particelle che corrono impazzite
come prede ingabbiate nelle trame di un Essere instancabile
come quel tunnel immobile,
che tutto incanala, irregimenta e dirige
sino alle sponde grigie del limite finale
ove il Bene si confonde con il Male,
la Luce con l’Oscuro,
il Morbido con il Duro…
Lo specchio è lì che giace immobile
come la mia immagine
silente e irremovibile
a tutto questo turbinare indifferente
pronta a tornare nella confusione,
tra la gente
ARGENTARIO
Questo azzurro
Che tutto investe
Il verde che silente/l’animo mio riveste
L’angusto stormir di fronde
che
si accavalla al batter eterno delle onde
Il correr potente di una vita impenitente
Il traffico dell’uomo che empie ogni luogo
L’estate che va avanti
nel pensar dei diecimila astanti
in macchina
oppure andando avanti
volando libero nell’etere infinito,sul dorso dei venti
o lasciandosi andare tra le spume del ruggente mare
E’ Madonna Estate a trionfare
FUNERALE DI UN FUTURISTA
Ascoltami, o silente iconoclasta, tu avvezzo alla tristezza per quel che basta presta attenzione ad una cerimonia poco trista
mira dunque lo spettacolo del funeral di un FUTURISTA
Di fronte ad una cattedrale iconica a mò di fisarmonica una folla oscena e disarmonica mira il silente levarsi di una mattinata malinconica mentre all’orizzonte si staglia possente una nube atomica
Vecchie bagasce di nero vestite, rockettare di un tempo ora sfiorite, armeggian tra le mani lisci manganelli, come se fossero i giovani falli di quel passato futuro ora sostituito da un presente più duro. Vecchi ingiovaniti e giovani invecchiati, stringon tra le mani mitragliatori arrugginiti, per l’occasione di nero lucidati, obici di guerra a nuovo riassettati, lunghi pugnali di fresco sangue arrapati
Troie impenitenti, marchettare postulanti alte levano nell’aere le calze a rete e le guepiere or divenute vere bandiere da ostentare con onore in ricordo dei bei tempi dell’ardore futurista
quando verso il folle divenire il mondo marciava entusiasta
Torri luminescenti verso i cieli come falli impenitenti
ora ruderi spettrali da latranti fiere abitati
snodanti autostrade da folgori meccaniche attraversate ora piste di deserto divenute, da carcasse silenti popolate
Carrarmati disossati, aerei arenati giacciono abbandonati in attesa di esser risuscitati
cumuli di bombe atomiche giacciono malinconiche nell’ora più dura in cui non fanno più paura
Ma ecco in mezzo a questa noia farsi largo un po’ di gioia, appena arrivato la parola magica il futuristico officiante ha pronunciato.
FUTURO! è il grido di battaglia che dall’intero mondo la tristezza deraglia
FUTURO! che rende il presente meno duro
FUTURO! un fascio di colori che prevale sullo scuro
FUTURO! il manganello ora picchia duro
FUTURO! sparare per creare allegria e confusione
FUTURO! perenne eiaculazione e nuova creazione
FUTURO! da un’aura catatonica allegra si risveglia l’arma atomica
FUTURO! Folle incuriosite da onde di oscena voluttà vanno a mirare del mondo tanto risvegliare, da onde di terrore attraversate fuggon disperate dall’allegro fuoco della guerra annichilate, dal fungo atomico nell’alto aere proiettate.
FUTURO! è il grido di battaglia che mi scuote e mi risveglia nell’assolato parapiglia di una giornata qualsivoglia, mentre immobile il tuo marmoreo corpo riaccende la mia voglia…..
RITORNO DEGLI DEI
Prete fetente, tua è la dimensione del presente/mai della vita hai capito
niente/solo sei un sorcio penitente
Dei in un giorno oscuro son spariti/ dalle nebbie del tempo inghiottiti
Dei in un libro di fiabe li abbiamo lasciati alla memoria di pochi bimbi
abbandonati
dalle risa di un tempo ingiusto ricacciati
L’apparenza delle cose li ha schiacciati, messi all’angolo, scordati
Dei, d’improvviso dal silenzio son tornati dalle nebbie dello smog risuscitati,
da metropoli chiassose rievocati, da mignotte impellicciate disprezzati, dal
silenzio assordante che li porta verso il niente
Da recchioni imbambolati, da maschioni effeminati rigettati
Dal silenzio assordante ecco sorgere Juppiter tuonante
Da quelle oscenità gridate ecco sorgere Afrodite
Da una sapienza proterva ecco sorgere Minerva
Nella danza dell’eterna abbondanza ecco Giunone che silente avanza
Ed ecco dal carro solare scendere Mitra l’eterno per ricordarci che finito è il
cupo inverno
Preti dove siete?
Nell’oscurità ricacciati nelle fogne rientrati e lasciati a sputar quel fiele che
ricorda Israele
madre troia d’ogni male
IL DISAGIO DELLA CIVILTA'
Disagio della civiltà/disagio senza età
A te sgualdrina agghindata gli abiti di dosso vorrei strappare e sin
dentro agli occhi tuoi il mio folle piacere eieculare
sino a farti di piacere urlare come un’antica cagna in calore e poi lasciarti
languida sulla terra umida a maledire l’amore ed il suo mistico strascico di umore
come un lupo vorrei per questa squallida città girare
ed armato di una ferrea mazza
i neri Suv e i grigi Mercedes dei bravi borghesi
fracassare
perché mai più l’azzurra aria possano inquinare
nelle algide banche vorrei entrare ed il lurido denaro espropriare
facendolo bruciare assieme all’ illusione di una ricchezza che fa dell’uomo
un sacco di mondezza
per abolire in un falò di vanità quella lurida rapina che è la proprietà
in eccesso come te che con quella faccia di cesso stai lì e mi dici che è
“privato” /che della bellezza del mondo ti sei appropriato, e che quindi è
tutto riservato a chi paga un biglietto senza ritorno che diritto porta il mondo
all’inferno dello squallore e dell’abbrutimento, togliendo dai miei occhi
qualunque antico godimento/e a te capo casta
rapace imprenditore/ la testa con un colpo di mazza vorrei fracassare
lasciando le tue cervella sull’asfalto simbolo dell’umano grande salto
dall’arsura dell’usura, alla libertà dall’impostura senza pentimento con molto
godimento…
NEVE ROMANA
Poeta silente anacoreta,
del nulla compagno ed antico asceta
guardi il mondo ed il suo carico di apparenza con ostile indifferenza
Ora l’eterna Roma è silente ricoperta da una coltre di neve che fuori fa balzar
l’antico niente nascosto nelle pieghe dell’agitarsi impenitente della massa
ostile ed ignorante
Padre Gelo sei arrivato
dai fumi della tecnica illusione l’aere hai ripulito
l’umana presunzione hai fermato
la Modernità chiassosa hai addormito
Roma la bella hai tacitato
come una sposa novella che dopo una notte di furia pugnace nel talamo silente giace coperta da un bianco manto che al cuor del fido spasimante arreca rinnovata meraviglia ed estatico incanto
ANATOLIA
E’ un po’ come lo scorrer dell’anima mia
lungo strade assolate da un caldo vento attraversate
unico segno vivente quelle vetuste ruine che taciturne spuntan dal niente
di una campagna il cui tempo si è fermato all’antica Madre
compagna di silenti mandre e di riti ancestrali che rompean come strali quei
silenzi naturali in cui l’antichi uomini vivean fianco a fianco agli animali in un
connubio di laghi più azzurri del Danubio e di campagne verdi come l’occhi
tuoi
o ragazza
che all’occhi miei sfuggi come una gazza velata
da antichi pudori attraversata in quella piana di silenti moschee punteggiata
mentre l’eroica moto mia metallica, scivola lanciata verso lande in cui
l’antiche vestigia come nella mitica Ogigia si bagnan nel caldo padre Oceano,
e da alte montagne teatri abbandonati, di arcaiche tragedie impregnati, porte
silenti, nel vuoto spalancate, stanno lì a ricordare che le antiche deità la folle
umanità ancor non hanno abbandonata e che stan lì per ricomparire proprio
in quel Chaos metropolitano dove il vecchio ed il nuovo si prendono per
mano, in quel bosforico casino che mi rende euforico come un vecchio
bambino mai stanco di girare e che prima di partire ancor ti deve rimirare
o ragazza anatolica
che come una improvvisa colica scuoti l’anima mia malinconica
mentre risveglio la moto mia catatonica puntando deciso verso la greca
Tessalonica non senza ricordare l’antico sortilegio dell’omerico viaggiare del
tutto vedere senza mai potersi fermare….e morir di solitudine con il rombar
del motore come unica libidine…..
I VAGABONDI DEL DHARMA 1
Quanto bello è andar pel mondo
cercando di coglierne l’aspetto più giocondo
ma il mondo non è allegrezza
sovente nasconde abissi di immane tristezza che
ti trasportan tosto in sconfinati deserti di mondezza
mondo è melanconia che ti trasporta in una dimensione di oscura catatonia
ma mondo è anche risalita
fino a penetrare l’energia della vita che corre travolgente
sino a superare le barriere dell’assurdo vivente lasciandoti ai dolori ed ai
malumori
indifferente
RECENSARTE
